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Uno “stagno” per l’uomo, il peltro

Scritto il05/05/2015 da
Love1

Il peltro ha una storia antica. Una storia iniziata in Italia nel 12° secolo e che, come testimoniato da statuti e ordinamenti della Corporazione dei Peltrai, vedeva in Venezia una delle città più importanti d’Europa. La solidità e l’efficienza dell’associazione che controllava prezzi, qualità, realtà e solidarietà tra gli aderenti furono il presupposto per lo sviluppo della ricerca e diffusione di tecniche innovative.

Se aggiungiamo l’influenza di un contesto ricco di storia, di cultura e di arte si comprende appieno la qualità di oggetti degni di figurare in rassegne museali di prestigio. Oggetti che compendiano genialità, armonia e stile secondo la migliore tradizione dell’artigianato italiano. Non a tutti è noto che i primi ritrovamenti di peltro sono antichi di quattro mila anni e che molte statuette e altri piccoli oggetti furono ritrovate nelle tombe dei faraoni dell’antico Egitto.

Bisogna poi giungere fino all’813 per trovare testimonianza di scritte di un certo rilievo riguardanti l’uso del peltro e ciò accadde durante il Concilio di Reims, dove si decretò di consentirne l’uso per la realizzazione di oggetti destinati al culto.

Dal 1200, al termine delle grandi migrazioni che seguirono la caduta dell’Impero Romano, quando le popolazioni iniziarono a insediarsi stabilmente nelle diverse regioni europee, si andarono a diffondere sempre di più le posate di peltro al posto delle tradizionali in argilla e legno. In questo periodo iniziarono a maestri peltrai a unirsi in corporazioni e in quegli anni, che possono essere annoverati tra i più floridi per l’artigianato, nelle botteghe si fondevano in stampi realizzati in terra, in gesso o in pietra; tra il 1500 e il 1600 si giunse alla costruzione di stampi molto costosi, ma al contempo durevoli, in ferro, ghisa e bronzo. Ciò permise una sensibile diminuzione dei costi di produzione con conseguente ulteriore allargamento di mercato.

Proprio per questo motivo tra il XVI e XVII secolo ci fu la più grande diffusione di oggetti in peltro. Con lo scoppio della Rivoluzione francese e la caduta della Repubblica di Venezia ci fu l’inevitabile scomparsa delle Corporazioni e con esse il declino di larga parte di questo artigianato, che durò fino alla fine dell’ultimo dopoguerra quando questa attività iniziò a rifiorire usando nuove tecnologie senza però mai tradire le sue antiche e nobili origini artigianali.

Caratteristiche

La lavorazione del peltro ha accompagnato il progredire della civiltà, arricchendo i suoi contenuti tecnologici senza perdere le sue peculiarità. Oggi come allora, infatti, è la mano dell’uomo a delineare le forme e saldare le parti, a sagomare i volumi e a cesellare i particolari. Che si parli di forgiatura a martello o di fusione in stampi, c’è sempre l’abilità artigiana, la sensibilità, il gesto sapiente che garantisce qualità al prodotto.

Il peltro è una lega composta per il 96% da stagno vergine, da uno 0,5% di rame e un 3,5% da antimonio che serve per dare rigidità. La lega di peltro è formata inserendo i lingotti di metallo nel crogiolo alla temperatura di circa 300 °C. Il metallo fuso viene raccolto dal crogiolo con un mestolo e versato nello stampo in movimento, montato su di una macchina centrifuga. La forza centrifuga aiuta il metallo liquido ad occupare tutti gli spazi dello stampo. Una volta solidificatosi, l’oggetto viene manualmente estratto dallo stampo e successivamente ripulito da eventuali sbavature di fusione con un processo di smerigliatura. Se un oggetto, come spesso accade, è composto da più pezzi, è necessario che ogni singolo pezzo venga assemblato tramite la saldatura.

Infine, l’oggetto viene inserito nelle macchine dedicate alla burattatura che levigano la superficie rendendola più liscia e meno opaca. Il pezzo viene poi controllato e raddrizzato dalle eventuali ammaccature utilizzando appositi martelletti.

Il peltro, a differenza di altri materiali, non si ossida e tende a rimanere inalterato nel tempo senza bisogno di particolare cura. È tuttavia possibile prendere alcuni accorgimenti per mantenerlo in perfetto stato. È sconsigliato l’uso di lavastoviglie e anche l’avvicinamento diretto a fonti di calore, visto il basso punto di fusione del materiale che lo compone. In caso di macchie è quindi possibile lavare il peltro con acqua e un normale detersivo per piatti.

Peltro-Artigianato un connubio che dura nei secoli

Il ruolo predominante delle corporazioni nel Rinascimento fa crescere le città in potenza e ricchezza e contribuisce all’elevazione del tenore di vita e delle abitudini ed è allora che ha inizio l’epoca aurea dell’arte del fonditore. Stoviglie di peltro brillano nelle linde cucine dei borghesi e sugli stipi, sui cassettoni, sulle cornici e davanzali delle stanza contadine. L’ambizione delle nobildonne di campagna è il “locale dei peltri”, riccamente arredato, e nelle corti principesche il “custode dei peltri” veglia sul ricco patrimonio del vasellame da tavola.

Sul finire del XVI secolo l’arte fusoria raggiunge perfezione tecnica con l’esecuzione dei lavori in peltro, che divengono veri e propri oggetti artistici. Fregi ornamentali, disposti geometricamente in forma di barretta, di perla o di foglia, figure e motivi floreali, tratti del mondo antico trasformano il peltro in elemento decorativo, in cui valore consiste non tanto nella sola struttura formale, quanto invece nella ricchezza dei suoi diversi particolari.

Nei decenni seguenti alla guerra dei Trent’Anni l’arte del fonditore ritrovò in breve un terreno favorevole. Non soltanto nelle case private, negli ospedali, nelle osterie e nelle sale delle Corporazioni, bensì anche nelle stanze dei ricchi patrizi e della nobiltà, ma soprattutto nelle chiese, il vasellame di peltro trovò in misura crescente il suo ambiente accanto all’argenteria e continuamente vennero prodotti nuovi pezzi. 

Se durante il XVI secolo aveva predominato il carattere ornamentale degli oggetti, dapprima finiti a tutto rilievo, e successivamente, dopo il volger del secolo, decorati limitatamente ai manici e ai beccucci dei recipienti o ai bordi dei piatti, verso la metà del XVII secolo si assiste al ritorno del getto liscio di forma più severa, che solo raramente è ornato da una serie di motivi impressi a cesello. L’affascinante proprietà dello stagno, quella lucentezza che lo rende simile all’argento, può così nuovamente essere messa in risalto.

Il passaggio all’alto Barocco e da questo al Rococò con i suoi oggetti leggeri, slanciati ed estrosi, ornati di delicate nervature asimmetriche, si compie insensibilmente per quanto riguarda gli stampi corrispondenti. L’argento che torna ad affermarsi grazie al crescente benessere delle popolazioni, induce spesso i fonditori ad attingere da esso esempi e modelli.

Vengono prodotte principalmente stoviglie da tavola, zuppiere, ciotole e, per l’estendersi del consumo di bevande, come tè o caffè, caraffe panciute provviste di coperchio. Anche crocefissi, candelabri e acquasantiere vengono create in forma armoniosa per le devozioni domestiche. Le grandi dimensioni delle bottiglie, dei vassoi e dei piatti invitano ad incidervi figure e motti in linee morbide e slanciate. Caraffe e boccali furono prodotti in tutti i tipi, con coperchio liscio od ornato, spesso provvisti di beccuccio. I manici, a nastro, erano pure lisci o decorati da rilievi leggeri. Il fondo appiattito veniva saldato talvolta su tre piedi in forma di teste d’angelo con ali o di mascheroni.

Gli anni intorno al 1800 vedono il regresso graduale dell’arte del peltro. Lo stile severo del classicismo, che mal risponde al peltro lavorato, non permettendo al metallo di emanare alcun calore intimo e familiare, sostituisce le linee arrotondate con fregi lineari, recanti delicati sviluppi a bassorilievo di foglie d’acanto, di fronde di quercia, fili di perle e nodi ornati di ghirlande di fiori. Solo quando si cominciano a riprodurre gli stessi oggetti nello stile Biedermeier, rinasce per tre decenni circa l’amore per il peltro. Tuttavia a paragone della porcellana e del cristallo, la richiesta rimane pressoché insignificante.

Sul finire del XIX secolo venne introdotto lo stile floreale. Lavori notevoli furono realizzati anche in quest’epoca nella realizzazione sia delle forme che dei getti. Durante l’ultimo secolo sarebbe lecito supporre che il processo di industrializzazione e il decadere dello stile, abbiano inferto un colpo mortale all’arte del fonditore. Le conseguenze di natura economica del dopoguerra intralciarono l’attività creativa delle botteghe artigianali.

Ormai pochi Maestri potevano concedersi il lusso di mantenere lavoranti. Ma si deve a questi Maestri e a un certo numero di esercizi a firma unica se l’antica tradizione è stata conservata. Essi hanno gettato i ponti verso il futuro, preparando un terreno favorevole al riaffermarsi del peltro. Oggi infatti, accanto alle riproduzioni di pregiatissimi pezzi antichi di diverse epoche e stili, i produttori sono in grado di offrire oggetti di nuova concezione, con spunti talora sorprendenti: la varietà delle forme realizzabili, che la versatilità del peltro consente, trova infatti un limite soltanto nella fantasia del designer. Se il peltro antico ha oggi un valore notevole ed è possibile ammirarlo soltanto in musei o presso collezioni private, quello prodotto ai nostri giorni da abili artigiani può donare un tocco di eleganza in più alle nostre case ed il suo valore è destinato senz’altro ad accrescersi nel tempo per divenire il cimelio di domani.

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